La malattia, la sofferenza fisica e psichica cambiano anche il nostro modo di essere nel sociale.
Quando gli amici, i colleghi, i conoscenti chiedono come si sente una persona che sanno essere sofferente, cosa si aspettano come risposta?
Brutte notizie? la verità? cosa è cambiato? forse sperano si conoscere cosa sia migliorato, ma !
Perché si interessano? Sperano di aiutare ? sanno come fare? Per me ciò che conta è l’autenticità di un sorriso, di un abbraccio, di una stretta di mano, anche senza parole.
Anche conoscere la sofferenza di altre persone, quando noi stiamo male, non aiuta, anzi.
Eppure c’è chi ti racconta che il tale o lui stesso ha sofferto ancora più di te, perché .........
Queste persone pensano di comunicare lunghezza d’onda, vicinanza emotiva e invece ti dicono solo che non hanno ascoltato e che non vogliono ascoltarti.
C’è una persona poi che esplicitamente, nei momenti più intensi della mia sofferenza, incontrandomi mi ha chiesto: “come stai? adesso stai bene vero ?” Ricordo che risposi: “se devo dirti di sì dico di sì”.
Non ho nessuno a cui posso dire come mi sento realmente: cosa nella giornata mi ha fatto male o se invece ho avuto qualche piccola soddisfazione.
E’ terribile, è proprio una necessità raccontare a qualcuno i nostri problemi, confrontarsi per la risoluzione anche di piccole contrarietà.
Per i problemi seri ho imparato a chiedere consiglio e anche aiuto agli amici.
Sono stata incoraggiata in questo, da sola non l’avrei mai fatto.
E ho scoperto che le persone alle quali ho chiesto aiuto con piacere mi hanno “adottato”. Chiedere aiuto, un consiglio è come dichiarare stima, fiducia.
E’ lo sfogo dei piccoli successi, degli eventi positivi, dei piacevoli imprevisti che paradossalmente mi pesa ancora di più. Mi sembra assurdo telefonare ad un’amica per dire sai ........ non me l’aspettavo ma......... Quindi non dico, non racconto e le piccole cose piacevoli sfumano, come se non fossero mai capitate.
Per le piccole cose mi piacerebbe tanto avere una sorella, un fratello.............. a cui confidare le mie emozioni. Ma anche loro hanno i loro problemi e mi sembra inopportuno.
Quando sono sola penso: quando cammino da sola, quando mi preparo al mattino in bagno, senza radio, senza rumori o stimoli, quando faccio cose operative e sono dentro di me, in silenzio, rifletto, mi interrogo, ipotizzo, in continuazione, senza soluzioni, senza decisioni; mi perdo.
Spesso quando sono con gli amici nei miei pensieri c’è il vuoto: come se non avessi mai pensato. C’è solo il qui e ora. I problemi di oggi, contingenti, al massimo quelli di domani.
E’ la mia emotività che mi condiziona così tanto ?
Voglio provare a scrivere
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